A fine maggio termina la raccolta del miele d’acacia, una delle qualità più conosciute, utilizzate e apprezzate, nonché una delle prime ad essere raccolte. In tutta Italia, delicatamente, gli apicoltori cominciano a estrarre il prezioso “nettare” dalle arnie.
Vi siete mai chiesti come è fatta un’arnia e come funziona questo strumento di lavoro? Ve lo spieghiamo in questo post.
UNA DEFINIZIONE DI ARNIA
L’arnia è una struttura artificiale creata dall’uomo per facilitare la crescita di una colonia di api e la successiva raccolta del miele. Un’arnia accoglie fino a 90 mila individui ed è un microcosmo razionale e organizzato: il suo compito principale è quello di dividere la zona della covata (nido) da quella della produzione e stoccaggio del miele (melario), al fine di poter estrarre i favi che lo contengono senza danneggiare le api.
L’ITALICA-CARLINI
La storia del miele ci ha consegnato molti tipi di arnia: in paglia, terracotta, ricavata da tronchi cavi, disposta in modo orizzontale o verticale. Sommariamente, le arnie possono essere divise in due gruppi: a favo fisso, ovvero in unico contenitore, e a favi mobili, divise in più contenitori (nido-melario). Sono quest’ultime le arnie tutt’ora impiegate in apicoltura perché salvaguardano le colonie di api: le arnie fisse ad unico contenitore infatti, costringevano gli apicoltori ad estrarre il miele scacciando o uccidendo l’intera colonia. Il perfezionamento dell’arnia a favi mobili, o razionale, si deve a Lorenzo Lorraine Langstroth, pastore e inventore statunitense che, nel 1851, scoprì lo «spazio dell’ape» e riorganizzò la struttura delle arnie. Oggi, l’arnia più diffusa nel nostro paese è l’Italica-Carlini, basata sull’arnia di Langstroth, successivamente modificata da Johann Blatt e Charles Dadant e adottata, nel 1932, dal Congresso nazionale degli apicoltori come modello di riferimento per l’esercizio dell’apicoltura nel nostro Paese.
LA STRUTTURA
La struttura dell’arnia Italica-Carlini si può essenzialmente dividere in tre parti: il fondo, il nido e il melario. Vediamole nel dettaglio.
FONDO (A)
Il fondo (1) è la base di appoggio di tutta l’arnia. Le caratteristiche principali sono tre: un’apertura sulla base che consente l’utilizzo di un fondo mobile (3), per controllare indirettamente lo stato di salute delle api; una separatore anti-varroa (2), che impedisce all’acaro parassita varroa destructor (molto diffuso tra le api) di risalire una volta caduto dal nido; una griglia metallica (4) posta all’ingresso del nido, che permette l’ingresso e l’uscita delle api bloccando l’accesso a insetti e animali di maggiori dimensioni.
NIDO (B)
Il nido è una scatola in legno al cui interno sono ospitati i telaini da nido (5), ovvero telaini mobili “armati” con fili di metallo su cui viene appoggiato il foglio cereo. Quest’ultimo è uno strato di cera in cui sono sovraimpresse cellette esagonali: serve per favorire la creazione del favo dove verranno allevate le api operaie. Il nido termina con la griglia escludi-regina (6) che impedisce alla regina, ma non alle operaie, di salire nel melario con la covata
MELARIO (C)
Il melario è un parallelepipedo di legno che viene posto sopra all’escludi regina. Come il nido, permettere l’appoggio dei telaini da melario (7). È qui che le api operarie, nei periodi di produzione, costruiscono i favi in cui depositare il miele che, lo ricordiamo, costituisce l’alimento della colonia durante la stagione invernale. Il melario è chiuso dal copri-favo (8), attraverso il quale l’apicoltore alimenta le api in caso di necessità, e il tetto (9), su cui viene fissata una lamiera metallica per garantire una maggiore protezione all’arnia contro gli agenti atmosferici.
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